We make-need money. Not Art

Avevamo già parlato di tutte quelle figure creative legate al mondo delle nuove tecnologie, che potrebbero sicuramente essere definite meglio, che con queste scarne 5 parole. Le figure creative che si occupano di nuove tecnologie, infatti, sono perlopiù coinvolte in progetti di Web design e programmazione, ma anche nella stampa e nell’utilizzo di nuovi materiali e supporti tecnologici.

Per farsi un’idea della vastità dei campi lavorativi che questa prospettiva offre basta fare un salto sul sito delle Adobe, una nota azienda di produzione di software di design, e controllare di quante categorie è composto il loro Contest 2008; oppure far riferimento alle esposizioni Montevideo, una conosciuta scuola di arte digitale olandese.

We Make Money Not Art è un blog di esposizione di artisti, ma è anche una nuova dimensione artistica che concerne in particolare i lavoratori nelle nuove tecnologie, che in ogni paese, in ogni situazione, trovano nuovi modi per lavorare. Per fare un esempio, direi che in Italia la tendenza è a occupare questi lavoratori dell’immagine e della comunicazione tecnologica in ambito di marketing, quindi nel campo delle pubblicità.

In un post precedente avevamo segnalato una crescita di questo settore, negli ultimi anni, di almeno il 40%, (alla faccia del tetto del 3% per il PIL dell’unine europea), questo è un vero boom. Le iniziative degli artisti e dei comunicatori mediatici, come Guerrilla Marketing, hanno invaso le forme di comunicazione sociale, anche attraverso il Web 2.0.

In genere, è una cosa risaputa, il mondo dell’arte è dominato dalle mode, Regine Dorety, scrittrice del blog WMMNA che si occupa da anni di quel campo di intersezione fra arte, design e tecnologia sostiene:

A few years ago, there were these Andy Warhol exhibitions all over the Old Continent, now IT’s the turn of CHinese artists. The other day, i even saw that Swatch had released watches featuring the famous smiling men of artist Yue Minjun. […] Today, as Aaajiao (Xu Wenka) told me when i was in town “they male money. Not art.”

Al di là della critica pura e semplice, che in realtà nelle parole di questa blogger è inesistente, da un punto di vista pratico questo blog non sembra però rispondere a tutte le esigenze lavorative dei creativi internazionali di ultima generazione.

Gli artisti, sempre loro, che da Mozart in poi, in nome di un’autonomia senza eguali nella società, sono i primi veri precari, in questo caso, hanno anche “bisogno di soldi” per poter realizzare i monumenti tecnologici a cui la cultura digitale aspira.

We Need Money Not Art invece è un’idea made in china, che sottolinea la difficoltà di alcuni professionisti, sia a crearsi la loro professionalità che a farla valere, soprattutto in contesti ostici da un punto di vista culturale.

Se infatti si considera il caso italiano, si potrebbe pensare che siamo stati davvero bravi a incanalare le risorse che avevamo disponibili in campo di creatività, certo ci sono altri tipi di soluzione al problema che dal nostro punto di vista sono molto desiderabili (caso olandese ed europeo in genere), ma la situazione cinese espressa nel blog WNMNA, che potrete leggere qui in traduzione, è molto più ostica, e nonostante ciò rappresenta per quell’imponente paese, una via di scampo per un’azione, quella del blogging, che è sottoposta a vari tipi di censura.

Gli artisti europei, invece, non hanno di che preoccuparsi, la UE non è stata a guardare lo sviluppo tecnologico senza coltivare il suo lato artistico e creativo, se ne volete un esempio, o se qualcuno di voi sta cominciando a sentire le problematiche di We Make Money Not Art e di We Need Money Not Art allora affrettatevi a spulciare il sito Lab for Culture, troverete pane per i vostri denti.

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