YouTube vende la musica contenuta nei video

Per risolvere i problemi di monetizzazione della sua immensa utenza, il sito di video sharing più importante al mondo comincia a testare modelli di business alternativi. Il primo è la vendita attraverso music store esterni della musica a partire dai video
Per risolvere i problemi di monetizzazione della sua immensa utenza, il sito di video sharing più importante al mondo comincia a testare modelli di business alternativi. Il primo è la vendita attraverso music store esterni della musica a partire dai video

YouTube venderà musica e videogiochi. Film e biglietti per concerti. Si è molto parlato negli ultimi mesi delle difficoltà del servizio a monetizzare al meglio l’immensa base utenti di cui gode (circa 330 milioni di visitatori secondo comScore): la pubblicità rende poco perchè non si trova la maniera corretta di inserirla e gli investitori non vogliono peraltro correre rischi con i video user generated. A partire da oggi, però, la società acquistata per 1,65 miliardi da Google annuncia la partenza di una nuova sperimentazione che potrebbe fare da spartiacque: una partnership con Amazon e iTunes che consentirà di comprare con un click le canzoni che si sentono nei video.

All’inizio si parte con tutti i video “ufficiali”, cioè quelli che sono stati messi online dalle case editrici o tramite i canali musicali, quelli insomma che non hanno problemi di copyright. In seguito, grazie alla tecnologia di fingerprint che la società ha messo a punto per bloccare il contenuto che viola il diritto d’autore, si potrebbero rapidamente applicare i pulsanti Amazon ed iTunes anche su centinaia di migliaia di altri video. Ma il nuovo business di YouTube non si ferma solo alla musica (contenuto principe del sito di video sharing): anche i videogiochi saranno venduti sempre tramite link ad Amazon a partire dai molteplici video che li riguardano. L’obiettivo è allargare quanto più possibile i servizi venduti arrivando anche a fornire i link per vendere show televisivi, film, libri, biglietti di concerti e altri beni paralleli all’industria dell’entertainment. Tutto a partire dalla possibilità di individuare correttamente il contenuto dei video.

Il punto è tutto in questa questione: senza il riconoscimento del contenuto veicolato dal video, la pubblicità correlata non può essere contestuale e le offerte parallele non possono funzionare. Ora, però, se viene implementato come auspicato il sistema di Video ID che consente l’individuazione dei contenuti di un video, si potranno avere pubblicità migliori e più mirate, al pari di un sistema di filtraggio dei contenuti protetti da copyright efficace. È il sogno dei pubblicitari da una vita (peraltro sperimentato in passato, pur senza risultati, anche sul mezzo televisivo): mettere direttamente in vendita tutto ciò che si vede sullo schermo.

Per il momento la società di Mountain View comincia con la vendita di file musicali appaltata ai due più grandi music store per la prima volta riuniti. I guadagni sono a metà, come è tradizione di Google: una parte a Amazon o iTunes e l’altra a YouTube. «Ci saranno differenti soluzioni a differenti problemi» ha dichiarato Shishir Mehrota, direttore del product managment di YouTube: «Abbiamo già testato molte cose diverse e ancora di più ne proveremo in futuro. Alcune funzioneranno, altre no».

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