L'UE spiega il perché della maximulta ad Intel

Nel maggio scorso l’Unione Europea sanzionò Intel con una multa record da 1,06 miliardi di euro, per reati legati a pratiche anticoncorrenziali.

Nonostante l’azienda di Santa Clara non abbia ancora versato quanto richiesto, ricorrendo anzi in appello, l’organismo europeo sembra fermo sulla propria sentenza, tanto da pubblicare per esteso, raccogliendole all’interno di un documento, le ragioni che hanno portato a prendere un così grave provvedimento.

Tra queste, vengono citati principalmente due comportamenti, ritenuti basilari per capire la condotta di Intel.

Il primo riguarda Dell e la sua intenzione, nel periodo compreso tra il 2002 e il 2005, di sposare AMD come azienda fornitrice dei microprocessori da montare sulle proprie piattaforme. Allora Intel fece pressione affinché il passaggio non trovasse riscontro nella realtà. Nello stesso periodo, inoltre, anche HP e NEC vennero forzate ad acquistare, rispettivamente, almeno il 95% e l’80% delle CPU destinate al segmento desktop.

Negli anni successivi, Lenovo e Media Saturn Holding (gruppo a cui appartiene il marchio di grande distribuzione Media World) furono oggetto di simili forzature.

Il secondo motivo che ha spinto l’Unione Europea a contestare la maximulta, riguarda il rinvenimento di alcune email che proverebbero come l’azienda californiana abbia impedito, per esempio, ad HP di distribuire le proprie soluzioni desktop basate su architettura AMD, attraverso i canali della grande distribuzione, relegandoli alla vendita diretta ristretta solo a piccole e medie imprese.

Altra corrispondenza elettronica dimostrerebbe come Acer sia stata costretta a posticipare, da settembre 2003 a gennaio 2004, il lancio di un notebook a marchio AMD.

Stessa sorte per un prodotto Lenovo, la cui commercializzazione ha dovuto essere ritardata da giugno 2006 alla fine dell’anno.

Parlando di AMD come principale fornitore di soluzioni concorrenti a quelle di Intel, va ricordato che, attualmente, questa controlla il 23% del mercato.

Dal canto loro, i vertici di Intel continuano a dichiararsi non colpevoli e consci di aver sempre mantenuto un comportamento rispettoso della legge nelle proprie strategie di mercato.

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