Amaya non mette radici

Rilasciata la versione 8 del browser/editor del W3C. Ancora una volta, nonostante le buone intenzioni, il risultato è deludente.
Rilasciata la versione 8 del browser/editor del W3C. Ancora una volta, nonostante le buone intenzioni, il risultato è deludente.

Il W3C, il consorzio che sovrintende alla creazione degli standard sul Web, ha rilasciato l’ottava versione del suo editor/browser Amaya. Inalterata la filosofia alla base di questa major release: fin dal suo esordio nel 1996, Amaya ha infatti voluto fornire ai navigatori un’unica piattaforma tramite la quale visitare e modificare al volo pagine Web, un vecchio pallino di Tim Berners-Lee e di tutti quelli che immaginano il Web come un medium totalmente simmetrico.

Amaya è tanto più encomiabile in quanto si tratta ormai praticamente dell’unico software che riunisce le funzioni di un editor e di un browser, entrambi per giunta strettamente osservanti degli standard del Web. Anche Amaya 8.0, tuttavia, non pone rimedio all’antico vizio del progetto, ovvero la scarsa attenzione all’usabilità e all’appeal grafico, che lo rende uno strumento ostico anche per i webmaster più navigati.

Numerosi i bug riparati rispetto alla precedente versione 7.2, insieme ad alcune nuove caratteristiche; tra queste ultime, per quanto riguarda il lato browser del programma, sono state introdotte le chiavi di accessibilità che permettono di menu ad una combinazione tipo [Alt+Lettera]; inoltre il browser dovrebbe finalmente interpretare in modo corretto l’attributo “float” nei CSS. Dal lato editor, l’innovazione forse più importante è il supporto agli attributi align=”left” e align=”right”.

Si tratta, come si vede, di implementazioni abbastanza elementari, ormai scontate nella maggior parte degli altri browser, che danno la misura di quanta strada Amaya debba ancora compiere per diventare un software attraente. Se, infatti, resta assolutamente valida l’idea di un programma editor/browser capace di generare codice standard e pulito in modalità WYSIWYG, bisogna constatare come a questo fine sia ancora molto più comodo utilizzare due programmi distinti, uno per scrivere il codice (molti utilizzano semplicemente il NotePad), ed uno per visualizzarlo.

Bisogna comunque sottolineare, ancora una volta, la bontà della filosofia alla base del progetto che, nonostante il risultato complessivo risulti ancora deludente, ha dato frutti importanti: oltre a supportare da tempo XML e XHTML, Amaya è inoltre uno dei pochi browser in grado di lavorare sui documenti MathML (uno standard per l’incorporazione di formule matematiche nel codice) e SVG (uno standard che trasforma il codice in immagini). Di assoluto rilievo, infine, l’applicazione di tipo collaborativo che, servendosi del protocollo RDF (Resource Description Framework) permette a chiunque di inserire al volo annotazioni in una pagina Web.

Amaya è nato a novembre del 1996. La prima versione stabile è stata rilasciata a maggio del 1997. Il software è disponibile per varie piattaforme, comprese Windows, Linux e Mac. La licenza sotto la quale è rilasciato lo rende liberamente scaricabile, distribuibile e modificabile.

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