Clean Sea: drone autonomo, sentinella del mare

Il progetto Clean Sea sta per prendere il via: un drone autonomo monitorerà il Mediterraneo per garantire l'ecosistema a fronte di ipotetici incidenti.
Il progetto Clean Sea sta per prendere il via: un drone autonomo monitorerà il Mediterraneo per garantire l'ecosistema a fronte di ipotetici incidenti.

Il progetto Clean Sea sta per partire: anni di ricerche e di test hanno meritato premi e riconoscimenti, ma ora è venuto il momento di immergere gli apparati ed iniziare la fase operativa. E si tratta di un grande passo avanti per il settore in cui Clean Sea va ad operare: per la prima volta un drone autonomo esplorerà le profondità dei mari in cerca di possibili problemi ed offrendo un fondamentale contributo per la salvaguardia dell’ecosistema marino.

Clean Sea è un progetto italiano, il cui sviluppo è nelle mani di Eni e della controllata Tecnomare (già a capo del progetto che porterà un drill italiano su Marte in occasione della seconda spedizione Exomars). La sua finalità ultima è quella di monitorare strutture e tubazioni offshore che difficilmente si potrebbero altrimenti controllare con precisione e continuità. Operare in profondità, ove le condizioni di lavoro, di luce, di pressione e di temperatura sono spesso inaccessibili all’uomo, è quanto di più complesso possa esserci: nuove tecnologie, nuova intelligenza di bordo e l’applicazione di dispositivi di derivazione militare danno però vita ad un concept del tutto innovativo che nei prossimi giorni inizierà ad inviare in superficie i primi risultati.

Il drone Clean Sea

Clean Sea va inserito con buona ragione nella categoria dei droni e dei veicoli autonomi. Il veicolo è infatti in grado di immergersi in acqua, muovendosi tramite apposite eliche, e definendo in autonomia (o tramite guida umana da remoto) le operazioni da svolgere. Per questo motivo il sottomarino viene definito come un ibrido UAV/ROV (Autonomous Underwater Vehicle e Remotely Operated Vehicles), potendo operare con entrambe le modalità a seconda delle necessità. La modalità autonoma è chiaramente il lato maggiormente innovativo poiché consente al sottomarino/drone di immergersi, stabilire la direzione, individuare ostacoli da aggirare, ritornare in postazione, gestire la carica disponibile, nonché riformulare la strategia della missione in base ai dati raccolti attraverso i propri sensori. Clean Sea, insomma, è in grado di operare non solo con autonomia, ma anche con approccio intelligente: gli obiettivi sono ridefiniti in itinere, così come le strategie adottate per perseguirli.

Questo drone, attraverso particolari sensori, misura i parametri ambientali intorno alle piattaforme, ispeziona le condotte che trasportano petrolio/gas e collegano le installazioni offshore con gli impianti a terra, raccoglie campioni d’acqua per analisi di laboratorio e mappa il fondale prima di attività di progettazione, installazione o manutenzione di impianti subacquei.

Eniday

Tutto quel che prima era complesso ed economicamente difficile da sostenere su larga scala, ora si fa più semplice e replicabile come modello strutturale per il monitoraggio. Ciò significa che Clean Sea non sarà soltanto un progetto sperimentale da adottarsi laddove non siano applicabili modelli differenti, ma è un’arma in più a disposizione di quanti debbono installare, mantenere, riparare e monitorare strutture marine in contesti nei quali un eventuale incidente potrebbe avere un profilo di maggior sensibilità dal punto di vista dell’impatto ambientale.

Eni e SAAB

Il progetto è firmato Eni, da cui dipendono la gestione delle strategie e l’intelligenza di bordo nell’analisi di acque e fondali, ma il tutto è stato installato a bordo di un drone firmato SAAB. Nello specifico trattasi del modello Seaeye Sabertooth Double Hull della flotta Saab Autonomous Remotely Operated Vehicles (SAROV). Tra le caratteristiche dichiarate dall’azienda figurano una capacità di immersione fino a 3000 metri di profondità, batterie di lunga durata ed autonomia fino a 75 km di navigazione alla velocità massima di 4 nodi (9 km/h). Il sottomarino ha tra le proprie capacità una forte precisione di movimento e di individuazione degli ostacoli (così da garantire piena autonomia negli spostamenti), ma allo stesso tempo una forte capacità di adattamento e stabilizzazione in grado di ovviare ad ipotetiche condizioni avverse delle correnti marine.

Le piccole dimensioni (3700x1400x450 millimetri) ed il peso contenuto (circa 1200 Kg) consentono l’uso del sottomarino anche con piccole imbarcazioni di supporto, limitando fortemente in costo d’adozione e uso della nuova tecnologia. SAAB garantisce inoltre la possibilità per il Seaeye Sabertooth di rimanere immerso per sei mesi consecutivi, tornando alla base di ricarica quando necessario, senza problema alcuno: ciò ne consente un utilizzo continuativo e mirato, potendo così tenere sotto osservazione una struttura in profondità in modo totalmente automatico. Il drone effettua inoltre a cadenza continua cicli di test di autodiagnosi, potendo segnalare in superficie eventuali anomalie.

Il drone utilizzato nel progetto Clean Sea è in grado di ovviare alla scarsa visibilità delle profondità attraverso i sonar, potendo così adattare i propri tragitti in base alle caratteristiche morfologiche del fondale; le riprese con videocamera HD possono invece far leva su lampade a LED (con luminosità equiparabile a lampade alogene da 400W) che permettono di registrare immagini anche in condizioni proibitive. Le batterie a bordo del modello Double Hull adottato da Eni hanno capacità pari a 20 kWh e autonomia dichiarata pari a 14 ore di operatività.

L’idea di adottare droni autonomi per le missioni in profondità è trasversalmente utile per una vasta serie di compiti e problematiche. In base alla missione che il drone deve compiere, la modularità del progetto Clean Sea prevede differenti apparati e sensori da montare sul veicolo prima dell’immersione. Tali moduli prendono il nome di E-Pod, le cui utilità possono essere estremamente varie: dall’identificazione di fuoriuscite di idrocarburi all’analisi chimica, dal prelievo di campioni d’acqua all’ispezione visuale, passando per il monitoraggio acustico ed altro ancora. Sono dunque i tecnici di superficie a definire l’esatta progettualità del singolo drone, definendo così a priori la sentinella migliore per le necessità manifestatesi.

Clean Sea: il drone sentinella

Clean Sea: il drone sentinella

Clean Sea monitorerà il mediterraneo

Sulla base di quanto annunciato da Eni, i droni Clean Sea inizieranno la propria fase operativa nel Mediterraneo e nell’Africa Occidentale. Nel primo caso la gestione del progetto sarà affidato alla base Enimed di Gela, in Sicilia, mentre nel secondo caso le operazioni saranno concentrate in una base logistica in Angola. «Tra le operazioni pianificate», spiega il gruppo del cane a sei zampe, «le ispezioni di routine lungo la costa e i rilevamenti del fondale marino e delle acque ai fini del monitoraggio ambientale». Non è difficile immaginarne l’adozione anche in vista dei lavori per il giacimento di Zohr, al largo delle coste egiziane, ove Eni porterà alla luce una delle più grandi riserve di gas naturale dell’intera area europea.

Clean Sea ha ottenuto nel 2014 tanto l’Eni Award quanto il “Premio dei premi” per la ricerca scientifica in Italia. Oggi quella che era una premiata idea diventa una nuova arma in grado di garantire il controllo dell’ambiente e una nuova sentinella contro gli incidenti nel settore oil&gas. Merito di nomi quali Francesco Gasparoni, Stefano Carminati, Patrizia Broccia, Melania Buffagni, Nora Hveding Bergseth, Erik Bjornbom e Laura Gallimberti, dai quali il progetto Clean Sea ha preso forma a livello teorico prima di approdare nelle prossime settimane al primo tuffo in mare.

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