Google Play in abbonamento? Arriva Play Pass

Google sta testando un nuovo servizio in abbonamento chiamato Play Pass che offre agli utenti centinaia di app e giochi premium.
Google sta testando un nuovo servizio in abbonamento chiamato Play Pass che offre agli utenti centinaia di app e giochi premium.

Se era già parlato diverso tempo fa, precisamente lo scorso ottobre, e ora la notizia è tornata nuovamente agli onori della cronaca. Come riporta Android Police, Google sta testando un nuovo servizio in abbonamento chiamato Play Pass che offre agli utenti centinaia di app e giochi premium.

Le prime avvisaglie di questa novità erano già emerse lo scorso anno, quando i ragazzi di XDA Developers scovarono alcuni riferimenti nel codice di Google Play. La nuova soluzione proposta dal colosso di Mountain View – confermata da un portavoce Google ad Android Police – potrebbe essere simile a quanto fatto da Apple con il suo Arcade, con una selezione di app e giochi (non solo giochi come la controparte della mela morsicata) a 4.99 dollari al mese senza pubblicità o acquisti in-app. Ovviamente il prezzo finale potrebbe essere soggetto a variazioni.

Il servizio pare essere nelle fasi finali di test. Google promette una grande varietà di contenuti, dai puzzle game alle app musicali premium con un accesso a centinaia di app e giochi premium. Il focus dell’offerta sembra essere maggiormente orientato sui giochi più che sulle applicazioni. Tra i titoli inclusi nell’offerta segnaliamo Stardew Valley, Marvel Pinball, Risk e tanti altri.

Non è ancora pronto nemmeno Arcade di Apple. Il servizio sarà lanciato questo autunno ma può già vantare un’importante collaborazione con sviluppatori, tra cui LEGO, Annapurna Interactive, Cartoon Network e SEGA. Che Google voglia contrastare la nuova piattaforma di Google rilasciando il suo Play Pass nello stesso periodo non è così improbabile, a questo punto.

Servizi di questa tipologia hanno decisamente senso, considerato il periodo storico dove a regnare è soprattutto la formula “all you can eat”, ma resta da vedere se il modello regge anche per le app e i videogiochi.

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