Facebook e la bufala del portachiavi spia

Scoppia l'ennesima bufala su Facebook: portachiavi distribuiti gratis nei parcheggi per monitorare le persone ed i loro spostamenti.
Scoppia l'ennesima bufala su Facebook: portachiavi distribuiti gratis nei parcheggi per monitorare le persone ed i loro spostamenti.

«ATTENZIONE!! In questi giorni nelle aree di parcheggio e nei distributori di benzina alcune persone vi regalano gratis portachiavi per la macchina o la moto, NON ACCETTATELI ASSOLUTAMENTE O BUTTATELI VIA: al loro interno c’è un microchip che segnala la vostra presenza in casa, quando uscite loro sono al corrente di dove vi troviate in quel preciso momento e possono entrare nella vostra abitazione senza preoccupazioni. Questa è l’ultima pensata di alcuni malviventi dell’Est Europa per fare furti nelle nostre case. Da fonte sicura…..». Molti, nel leggere questo messaggio, avranno immediatamente identificato la matrice del messaggio. Molti lo riconoscono, inoltre, avendolo già incontrato più e più volte su Facebook. Scanso ai dubbi: è una bufala, l’ennesima bufala.

Una bufala che arriva anche in altre versioni ove ai “malviventi dell’Est Europa” è sostituita la dicitura “bande di Rumeni”: «Attenzione in questi giorni vengono distribuiti dei portachiavi da essere agganciati all’interno della vostra auto; le persone ve li offrono gratuitamente presso i parcheggi o i distributori di carburante….NON accettateli…essi contengono un microchip all’interno del gadget. Questi delinquenti poi vi seguono fino a casa e vengono a conoscenza dei vostri movimenti per poi effettuare intrusioni e furti. Secondo la Polizia, si tratta di bande di Rumeni».

Nessuno regala portachiavi se non per finalità promozionali e nessuno monitora gli spostamenti per entrare in casa durante la propria assenza: ci sono metodi molto più comodi e convenienti per i malintenzionati. Le finalità per cui nascano passaparola di questo tipo non sono facili da identificare, ma tra le maglie di un certo modo di leggere la rete vi si può identificare qualche dinamica distorta profondamente ancorata al senso della comunità.

Ormai lo schema è noto: un richiamo in lettere maiuscole, una notizia che ha sempre una dose di mistero, la scintilla dello stupore e qualcosa che possa toccare nell’intimo (in questo caso una spruzzata di razzismo, in altri casi la foto pietosa di un animale ferito). Il mix funziona con estrema puntualità: la condivisione scatta istantanea e la disinformazione diventa virale: un click del resto costa poco e sul network del chiacchiericcio la cosa passa tra le maglie di una propensione forte alla divulgazione.

Una bufala come tante altre, che vale la pena ricordare per mantenere viva la memoria storica delle futilità che milioni di italiani hanno collaborato a divulgare negli ultimi mesi:

Un click su “condividi” ed automaticamente si è gettato rumore di fondo sul social network. Una brutta figura per sé, tempo perso per gli amici, kudos regalati agli autori delle bufale. Chi condivide è parte del sistema e corresponsabile del triste passaparola innescato. Agli amici il dovere morale di farglielo notare.

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