Google, ancora la migliore azienda in cui lavorare

A stabilirlo è Fortune, che nella sua classifica posiziona ancora una volta al vertice il gruppo di Mountain View; al secondo posto Wegmans Food Markets.
A stabilirlo è Fortune, che nella sua classifica posiziona ancora una volta al vertice il gruppo di Mountain View; al secondo posto Wegmans Food Markets.

È nuovamente il gruppo di Mountain View a conquistare la prima posizione della classifica “100 Best Companies to Work For” redatta da Fortune. Google staziona sul gradino più alto del podio per l’ottava volta negli ultimi undici anni, la sesta consecutiva. Tra i criteri di valutazione considerati, oltre ovviamente al grado di soddisfazione espresso dai dipendenti, ci sono la qualità dell’ambiente lavoratori e i benefici concessi.

Il secondo posto è attribuito alla catena di negozi alimentari Wegmans Food Markets, mentre la medaglia di bronzo spetta a The Boston Consulting Group, multinazionale specializzata in consulenze e management. Nella Top 10 nessun altro nome celebre del panorama tecnologico: bisogna scorrere fino alla 39esima posizione dove figura NVIDIA, mentre a VMware è attribuito il 42esimo piazzamento, ad Adobe Systems il 60esimo, al colosso del gaming Activision Blizzard il 66esimo, a Cisco il 67esimo, alla software house Autodesk il 71esimo e all’operatore AT&T il 93esimo. Nessuna traccia nei primi 100 per Apple, Microsoft, Facebook o Twitter.

Non si parla solo di compensi, stipendi, orari flessibili e uffici strutturati in modo da favorire la produttività. C’è molto altro. Così spiega perché bigG è, ancora una volta, la migliore azienda in cui lavorare.

Per il sesto anno consecutivo, Google è in cima alla nostra lista delle migliori aziende per cui lavorare. Il colosso tecnologico da 75 miliardi di dollari è ben noto per i benefit offerti ai dipendenti come pasti gratuiti, parrucchieri e servizi di lavanderia. Inoltre, adotta un approccio rigoroso per quanto riguarda le questioni morali. Ha migliorato le policy per i congedi dei genitori, dopo aver preso coscienza che molte neo-mamme avevano lasciato il loro impiego, contribuendo così a ridurre la quota femminile di dipendenti. C’è poi il fattore culturale: ruoli di prestigio affidati a personale di colore, supporto per i lavoratori transgender e workshop a tema (a cui ha partecipato oltre il 70% dello staff) aiuta a rendere il luogo di lavoro sicuro e inclusivo, oltre che molto produttivo.

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