Il banner non funziona. Anzi sì

Alcune recenti ricerche riabilitano il banner come veicolo estremamente efficace per promuovere un prodotto e gettano ottimismo sul futuro dell'advertising online. Tutto sta nel trovare le forme creative più adatte al mezzo
Alcune recenti ricerche riabilitano il banner come veicolo estremamente efficace per promuovere un prodotto e gettano ottimismo sul futuro dell'advertising online. Tutto sta nel trovare le forme creative più adatte al mezzo

Si continua a discutere dell’efficacia della pubblicitàonline. Il banner, che era stato visto come lo strumento principe dellanet-economy ai tempi del boom della Rete, e che successivamente era statobollato come inutile e fastidioso, torna ora in auge grazie ad alcune ricercheitaliane ed internazionali dalle quali emerge che l’efficacia di unacampagna non dipende dal banner in sé, ma da come è stato concepito.

«Tutto sta nel conoscere Internet e nell’identificarele forme di creatività pubblicitaria più adeguate al nuovo mezzo dicomunicazione,» secondo la società di ricerche PeopleSWG che, in collaborazione con Nielsen//NetRatings, ha condottouno studio perl’Associazione delle Concessionarie di Pubblicità Online (ACP Online). I datidella ricerca promuovono il banner, rivelando un mezzo di promozione tutt’altroche inadeguato: «Le campagne online più azzeccate riescono ad incrementare,col solo impiego della Rete, la notorietà del loro marchio di oltre 10 punti».

PeopleSWG e NetRatings hanno preso in esame settecampagne pubblicitarie condotte nella prima metà di ottobre esclusivamentesu Internet tramite l’utilizzo dei banner. Dei sette marchi scelti, uno erariferito ad un prodotto “civetta” inesistente chiamato Vibralarm. Èstato proprio quest’ultimo ad ottenere il massimo di copertura netta, con 3milioni 934 mila navigatori; i banner degli altri marchi sono stati visti,mediamente, da 2 milioni e mezzo di persone, un quarto dei 10 milioni 204 mila italianiche si sono collegati ad Internet nel periodo preso in esame. Tutti i sitihanno conosciuto un considerevole aumento di visite nel periodo della campagna.

Lo studio ha potuto anche evidenziare le differenze dipercezione delle campagne non solo tra individui esposti e non, ma anche trautenti “standard” (intervistati per telefono) ed “evoluti” (intervistatidirettamente online): «Il ricordo spontaneo della pubblicità,» ha commentatoil presidente di PeopleSWG Luigi Ferrari, «è tendenzialmente maggiore passandodai non esposti ad Internet agli esposti e, ancora più nettamente, alle personecontattate online». Secondo PeopleSWG, le opportunità di crescita degli investimentipubblicitari su Internet sono ancora elevate, essendo la quota diinvestimenti per utente in Italia ancora nettamente inferiore (circa 10 €)rispetto a quella degli altri paesi europei (in Francia, ad esempio, supera i40 € per utente).

Pone l’accento sulle specificità della Rete anche FulvioZendrini, già responsabile della comunicazione per Time Telecom Italia il quale, inun’intervista a Prima Comunicazione,dichiara: «La gente, ad un video che ti fa vedere quello che vuole lui,preferisce sempre di più un video che ti mostra quello che vuoi tu. Stoparlando di Internet,» ed aggiunge che la necessità è quella di «spostare l’accentodalla pubblicità alla comunicazione».

Oltreoceano, GartnerG2rileva come l’advertising online rappresenti soltanto il 3% del mercatopubblicitario statunitense. Nonostante questo, Gartner prevede che il fatturatodella pubblicità online negli Stati Uniti passerà dagli attuali 7,9 miliardi didollari a 18,8 miliardi nel 2005.

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