Il catasto delle reti, dov'è?

Comparso in Destinazione Italia, promesso più volte, ripreso nello Sblocca Italia: il catasto delle reti torna sempre. Ma dal voto viene ridimensionato.
Comparso in Destinazione Italia, promesso più volte, ripreso nello Sblocca Italia: il catasto delle reti torna sempre. Ma dal voto viene ridimensionato.

Posta la fiducia (e votata) al nuovo articolo unico uscito dopo il rinvio in Commissione Bilancio dello Sblocca Italia, restano sul campo i provvedimento presi dal governo, ora diventati legge, per incentivare alcune opere, comprese quelle dell’infrastruttura di rete. Tra i vari emendamenti passati, ce n’è uno che riprende un leit motiv: il catasto delle reti.

L’iter della conversione in legge del decreto è stato particolarmente faticoso, impossibile riassumerlo. Per i forti di cuore, il resoconto stenografico del momento in cui si è spostato il voto ad oggi e se ne è discusso ieri sera in seduta notturna, basta a avanza. In ogni caso, il parere della V Commissione Bilancio ha modificato alcuni elementi del testo dopo averne verificato le coperture e ne sono uscite delle osservazioni che sono state recepite dalla relatrice Chiara Braga e infine votate. La buona notizia dal nuovo testo dello Sblocca Italia è che sono rimaste le agevolazioni fiscali per gli scavi (credito di imposta pari al 50% del costo dell’investimento) ed è rimasto il sistema per cui i decreti attuativi saranno stabiliti dal solo MISE, velocizzando e semplificando così la procedura.

Il catasto viene mozzato

Meno fortuna ha avuto il famoso catasto delle reti. Il deputato Paolo Coppola aveva inserito un riferimento preciso sulla “Istituzione del Sistema informativo nazionale federato delle infrastrutture”, che richiedeva di:

Individuare, mediante decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata, regole tecniche per la costituzione del sistema informativo nazionale federato delle infrastrutture, che dovrà essere realizzato con dati di tipo aperto ed interoperabile.

La Commissione Bilancio, sentito il Ministero delle Finanze, ha corretto il tiro riformulando l’articolo 6-bis, specificando che la mappatura delle infrastrutture prevista «si riferisca esclusivamente alla banda larga e a quella ultralarga». Questo significa però mozzare il senso stesso del catasto, che serve invece ad avere un quadro completo della rete italiana nelle sue diverse velocità e coperture.

Eppure non costa nulla

Il catasto è certamente piccola cosa rispetto a tutto quanto concerne questo decreto legge così complesso, ma simboleggia bene il problema esistente nell’agenda digitale italiana alle prese con ritardi storici, insufficienze economiche, resistenze burocratiche. La mappatura, infatti, sarebbe di per sé già obbligatoria, ma siccome (per dirla tutta) nei gangli della pubblica amministrazione ci sono molti dirigenti che non hanno voglia di farla, esecutivi e legislativo si trovano continuamente nella necessità di chiederla, promuoverla, ribadirla. E nonostante in quest’ultimo emendamento si sia specificato che il catasto non debba comportare maggiori oneri di quelli previsti, è proprio il potente MEF a storcere il naso, perché i ministeri tendono a volere mani libere su come usare le risorse. Così la Commissione Bilancio, nell’indicare la banda larga e ultralarga come sole destinatarie della mappatura, ha ridimensionato il catasto delle reti e il suo scopo.

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