Power.com controaccusa Facebook

Prima la denuncia di Facebook contro Power.com: se non usano Facebook Connect vanno fermati. Poi la risposta di Power.com: Facebook Connect è un calcio alla libera competitività, Facebook non può pretendere diritti di proprietà sui contenuti degli utenti
Prima la denuncia di Facebook contro Power.com: se non usano Facebook Connect vanno fermati. Poi la risposta di Power.com: Facebook Connect è un calcio alla libera competitività, Facebook non può pretendere diritti di proprietà sui contenuti degli utenti

A chi appartengono i dati immessi su Facebook? E fino a che punto una azienda terza ha diritto a richiederne copia all’utente senza passare per gli strumenti canonici messi a disposizione da Facebook per l’interazione tramite API? Verte su questi due interrogativi il nuovo cruciale caso legale che vede il mondo dei social network al centro di un improvviso corto circuito scatenato dall’emergere di Power.com, soluzione aperta in grado di fagocitare ed unificare l’interazione su più network in contemporanea.

Power.com si erge su di un “parassita”: chiede agli utenti gli estremi di accesso a social network terzi, si nutre delle informazioni ivi presenti e mette a disposizione una piattaforma che permette di interagire facilmente con tutti i network su di un solo sistema. Così facendo, però, Power.com si trova ad archiviare informazioni di servizi terzi raccogliendo password destinate ad account posseduti da altri servizi. Facebook ha dimostrato il proprio dissenso chiaramente, denunciando Power.com ed imponendo l’uso di Facebook Connect come forma di relazione tra gli account. L’utente non dovrebbe dunque fornire i propri dati a Power.com, ma soltanto autorizzare Facebook a rilasciare le informazioni ivi contenute per un uso parallelo sull’account Power.com.

Alla prima denuncia è seguito il silenzio. Power.com aveva escluso precauzionalmente Facebook dal proprio arsenale, annoverando però nomi quali LinkedIn, Twitter, Flickr, Hotmail, Yahoo Mail, Gmail, AOL Istant Messenger e Skype. Ora la reazione veemente: Power.com ha controdenuciato Facebook pretendendo di portare avanti il proprio “Social InterConnect”. Secondo il documento di denuncia, i contenuti degli utenti debbono rimanere di proprietà ed a disposizione degli utenti stessi, senza essere mai in alcun caso vincolati dai limiti che Facebook impone. L’utente deve pertanto essere libero di poter fornire le proprie credenziali per abilitare ad un uso esterno dei contenuti stessi. Power.com ritiene che la denuncia Facebook sia pertanto strumentale a mantenere il controllo sul mercato, mettendo fuori gioco uno dei contendenti.

La controdenuncia Power.com sembra però fare acqua. Se i contenuti sono di proprietà degli utenti (e spesso Facebook ha comunque dimostrato di agire con eccessivo protezionismo, argomentando diritti sbilanciati rispetto a quelli della propria stessa community), la raccolta degli estremi di account è però una pratica logicamente pericolosa. Facebook Connect è l’arma in più per Facebook, poiché la scelta di non utilizzare lo strumento è da parte di Power.com una precisa presa di posizione in favore di un “Social InterConnect” tutto da verificare.

I giudici dovranno decidere in che misura Facebook Connect sia un “walled garned” o una giusta misura a tutela dell’utenza. Per Power.com si tratterà di una decisione di fondamentale importanza, poiché basata sul core business del nuovo network dei social network.

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