Il flop della TV sul telefonino, le ragioni di un insuccesso

La prima a prendere una decisione drastica è stata TIM, che potrebbe essere seguita con ogni probabilità da Vodafone. Ci riferiamo alla decisione di chiudere entro fine anno l’offerta di TV in mobilità che il primo provider di telefonia mobile italiano ha comunicato qualche tempo fa a conferma del sostanziale fallimento del progetto.

Nata qualche anno fa quasi come costola del digitale terrestre (le frequenze su cui trasmette sono infatti quelle utilizzate dalle emittenti terrestri), la TV mobile diffusa secondo lo standard DVB-H sembrava il futuro della televisione, con numerosi esperti e analisti che vedevano in questa piattaforma il futuro della televisione, capace di poter cambiare le modalità di distribuzione dei contenuti audiovisivi e la stessa struttura degli stessi.

Adesso, a distanza di qualche anno, la situazione sembra essere totalmente cambiata. Le offerte che TIM, Vodafone e 3 Italia hanno messo in piedi per i propri clienti non hanno mai realmente fatto breccia nelle abitudini della gente. I moderni smartphone vengono utilizzati per fare un po’ di tutto, dalle chiamate e videochiamate alla modifica di documenti, passando per l’ascolto di musica e la visione di video e fotografie, ma poco o nulla del loro impiego è riservato alla visione della televisione in mobilità. Perché?

È difficile dare una spiegazione netta sui motivi che hanno di fatto frenato questo mercato. Gli investimenti degli operatori sono stati consistenti, pari a 500 milioni di euro complessivi con attese altissime, che consistevano in un pubblico stimato di 7 milioni di telespettatori entro il 2011.

C’era stato chi, come TIM e Vodafone, avevano stretto accordi con Mediaset per l’affitto della banda necessaria alla trasmissione (cioè la possibilità di trasmettere direttamente dalla rete DVB-H del gruppo) e per l’acquisizione dei contenuti da offrire, e chi, come 3 Italia ad esempio, che avevano addirittura acquistato un’emittente televisiva, Canale 7, per poter entrare in possesso delle frequenze da convertire e utilizzare per la propria TV mobile.

La data del 2011 è quindi importantissima, sia perché con l’avvicinarsi del nuovo anno le stime presentate prima appaiono praticamente inarrivabili, sia perché proprio in questi mesi il contratto con Mediaset andrà a scadere, aprendo scenari nuovi che mettono in discussione il futuro di questa piattaforma.

In un’epoca in cui la fruizione televisiva si va facendo sempre meno lineare, con il progressivo affiancamento dei tradizionali palinsesti alle proposte on-demand, proporre sui dispositivi mobili (che trasmettono l’idea della flessibilità per eccellenza) un’offerta legata ad una struttura televisiva tradizionale e poco flessibile sembra essere effettivamente un controsenso.

A questo si è forse aggiunto l’errore di aver portato sul telefonino diversi contenuti pensati per la fruizione televisiva in ambito domestico, sia per linguaggio che per i tempi dei programmi stessi, che poco o nulla si conciliano talvolta con i tempi ristretti e limitati di chi accede per mezzo di un telefonino.

C’è chi sostiene che con i giusti format anche la TV in mobilità avrebbe sfondato, ma sono in molti coloro i quali vedono nel Web l’avversario principale per questo tipo di piattaforma. L’accesso ad Internet in mobilità ha portato sugli smartphone degli utenti ogni tipo di contenuto audio e video, disponibili quando e dove si desidera, mettendo così un freno, probabilmente decisivo, al DVB-H, che ad oggi appare un sistema di diffusione tecnologicamente superato nonostante sia nato da pochissimi anni.

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