L'UE si rifiuta di proteggere il marchio Gmail

Google ha perso l'occasione per proteggere presso l'Unione Europea il suo marchio Gmail. Il marchio rimane saldamente nelle mani di Daniel Giersch che possiede sin dal 2000 un servizio email con lo stesso nome. La differenza di colori non è sufficiente
L'UE si rifiuta di proteggere il marchio Gmail
Google ha perso l'occasione per proteggere presso l'Unione Europea il suo marchio Gmail. Il marchio rimane saldamente nelle mani di Daniel Giersch che possiede sin dal 2000 un servizio email con lo stesso nome. La differenza di colori non è sufficiente

In seguito a numerose controversie nate attorno al marchio Gmail utilizzato da Google per il suo programma di posta elettronica, il colosso della ricerca ha cercato l’appoggio dell’Unione Europea. Il tentativo si è però rivelato vano: il nome Gmail è risultato troppo simile ad un marchio già esistente registrato nel 2000 da un uomo d’affari tedesco, tale Daniel Giersch.

Il marchio Gmail non ha avuto vita facile. Nel 2005 Google ha dovuto convertire il nome del suo programma di posta elettronica in Google Mail all’interno del Regno Unito causa una disputa con l’Independent International Investment Research, mentre nel 2007 Daniel Giersch, chief executive officer di P1 Private, ha vinto la causa contro il motore di ricerca impedendo l’utilizzo del nome Gmail anche in Germania. Giersch gestirebbe infatti sin dal 2000 un servizio per inviare file elettronici e messaggi ove “G” rappresenterebbe l’iniziale del suo cognome.

Google era ricorsa in appello affermando come numerosi trademark siano formati dalla parola “mail” in aggiunta ad una lettera dell’alfabeto e come le differenti combinazioni di colori dei due marchi (rosso, blu e giallo per Google, giallo e nero per Giersch) evitassero di confondere i due marchi. L’Office for Harmonization in the Internal Market (OHIM) non ha però concordato con tali affermazioni: «esiste la possibilità che si crei confusione», ha affermato l’agenzia, «l’elemento comune “Gmail” è così simile che le persone saranno indotte a pensare che i marchi indichino una origine commerciale comune».

Google può ora ricorrere in appello presso la European Court of First Instance in Luxembourg, anche se le ripetute vittorie da parte di Giersch rendono a questo punto poco probabile un ribaltamento della situazione.

Ti consigliamo anche

Link copiato negli appunti