La musica ai tempi del P2P

Secondo la Società italiana autori ed editori (la SIAE), il file sharing di contenuti protetti dal diritto d’autore avrebbe generato, solo in Italia, 3 miliardi di euro di danni all’industria.

Si può discutere se i danni siano proprio 3 miliardi, ma è difficile negare la crisi delle vendite e il suo legame con il peer to peer. Nel 2005 i CD venduti sono stati 112 milioni, un anno dopo 89, e il 2007 ha visto una nuova riduzione (-17%). Questo calo continuo nelle vendite di CD ha portato iTunes a superare non solo le vendite degli altri store online, ma anche i negozi tradizionali americani, come la famosa e diffusa catena Wall Mart.

Evidentemente, oggi chi fa musica deve arrangiarsi come può per continuare a fare questo mestiere. I Radiohead, ad esempio, avevano dato la possibilità di scaricare un loro lavoro, “In Rainbows”, lasciando a chi scaricava la possibilità di scegliere il prezzo da pagare: 0 come 100 euro. I risultati? È stato un chiaro successo commerciale, ma la band non ha mai voluto rendere pubbliche le sue vendite su Internet. Quello che si sa è che, una volta uscito in disco, è arrivato al primo posto della classifica inglese e americana. E “In Rainbows” è stato comunque uno degli album più scambiati in rete.

Ci sono poi siti come Sellaband o Slicethepie: offrono la possibilità di finanziare band o artisti sconosciuti, e se arriva la notorietà di poter godere di una quota dei profitti. Per ora l’idea ha attratto tanti appassionati e musicisti, ma nessun artista è ancora riuscito a sfondare grazie ad essa.

L’ultima storia che vi raccontiamo viene da New York. Un gruppo, I Francis and The Lights, ha deciso di diventare una società per azioni e di cercare investitori. E una casa discografica, la Normative Music Company, ha deciso di sostenere il loro progetto con ben centomila dollari per portare “il suo gruppo alla notorietà internazionale”.

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