AgCom infilata nella legge di Stabilità? (Update)

La questione AgCom spacca il PD, divide la politica. In Senato una proposta per fermarla, ma a palazzo Chigi tentano di infilarla nella legge di Stabilità.
La questione AgCom spacca il PD, divide la politica. In Senato una proposta per fermarla, ma a palazzo Chigi tentano di infilarla nella legge di Stabilità.

La questione AgCom e nuovi poteri contro la pirateria digitale si è fatta improvvisamente delicatissima e sta spaccando il Partito Democratico, diviso tra i firmatari di proposte atte a fermare la delibera e le manovre a livello governativo per addirittura farla passare con la legge di stabilità tra dieci giorni, contando sul voto di fiducia. Una svolta clamorosa e denunciata sui mass media dai protagonisti della battaglia per il passaggio parlamentare del tema e il blocco del regolamento.

Sono sempre gli avvocati-militanti Guido Scorza e Fulvio Sarzana a denunciare questo tentativo, che porta il nome del sottosegretario Giovanni Legnini (protagonista del dibattito sull’editoria), il quale a dispetto di quanto dichiarato soltanto pochi giorni fa sembra stia lavorando all’inserimento di un emendamento ad hoc nel quale, in poche righe, si risolve il problema principale dell’impianto del testo, definendo che l’Autorithy è legittimata ad agire come autorità giudiziaria. Se così avvenisse, l’ostacolo sarebbe rimosso e una legge dello Stato darebbe il via alla delibera. A quel punto difficilmente ostacolabile.

Due visioni contrapposte, medesima area politica

La legittimità dei poteri che verrebbero concessi all’AgCom – i confini operativi, gli strumenti, la tempistica – è infatti il vulnus di tutto il testo. Non l’unico difetto, ma sicuramente quello fondamentale, che ha convinto molti giornalisti, esperti di comunicazione, giuristi (compreso Stefano Rodotà) e anche qualche esponente politico di primo piano ad esporsi per invitare il governo ad affidarsi al più consono iter parlamentare.

Da qui i vari disegni di legge che via via in queste settimane sono stati presentati, ultimo dei quali, forse il più indicativo del clima difficile nel PD, è il Disegno di legge d’iniziativa del senatore Felice Casson (magistrato di Cassazione, vicepresidente dei senatori Pd, membro della Commissione Giustizia e segretario del Copasir), che con altri due colleghi dello stesso partito ha depositato a palazzo Madama delle modifiche alla legge 22 aprile 1941, n. 633, relativa al diritto d’autore occupandosi specificatamente della “Tutela degli utenti e repressione delle violazioni del diritto d’autore a fini di lucro nelle reti di comunicazione elettronica”.

Questo testo non si differenzia molto da quelli già visti, ad esempio quello del deputato Francesco Palermo, ma ha il pregio di sottolineare, fin dal suo titolo, un’altra questione irrisolta della delibera AgCom: l’Autorità non ha mai avuto alcun potere di regolazione fuori dai media audiovisivi (per stessa volontà del vecchio decreto Romani) e quindi non dovrebbe occuparsi di blog, piattaforme online, social network. Ecco la ragione della necessità di una legge ordinaria che contenga norme che, recita proprio la proposta Casson, «siano in grado di adattarsi alla realtà del mondo digitale». Il testo lavora sui temi evidenziati nella lettera alla presidente Boldrini e propone questi cambiamenti:

  • Depenalizzazione del reato quando senza scopo di lucro. La norma tende a proteggere da sanzioni penali coloro che non violano il diritto d’autore per scopi di lucro, così alleggerendo il carico di lavoro dell’autorità giudiziaria.
  • Più responsabilità ai diretti violatori e non agli intermediari. Norma pensata per evitare di fermarsi alle piattaforme di condivisione non lucrative.
  • Centralità del Dipartimento di pubblica sicurezza, che già svolge questo
    compito nel settore di reati su internet, come raccordo ideale con l’autorità giudiziaria.
  • Follow the money, cioè identificazione attraverso l’ordine rivolto agli istituti di credito di coloro che per scopi commerciali vìolano il diritto d’autore evadendo il fisco.

Le pressioni degli editori

Per dirla tutta, la spaccatura rientra nelle tipiche pressioni dei detentori di diritti, degli editori, nell’alveo politico, alle quali alcuni sono sensibili – sicuramente anche in buona fede – e altri meno. Ma la battaglia rischia di essere persa nel giro di pochi giorni, se si attuerà la tattica denunciata da Sarzana:

Inserire l’AgCom nella legge di stabilità come collegato serve ovviamente a sfruttare il voto di fiducia che certamente il governo porrà. Si tratta di una tecnica che abbiamo già visto: ad un certo punto diranno “stop agli emendamenti in commissione”, smetteranno di discutere e, se saranno riusciti a infilare due righe sull’AgCom all’ultimo momento, arriveranno in aula. L’obiettivo, da molto tempo, di chi preme per questa delibera, che ha caratteristiche uniche nel suo genere. Infatti, per i detentori dei diritti d’autore l’AgCom sarebbe un poliziotto a costo zero capace di chiudere siti, occuparsi velocemente di una eventuale violazione con una forma di accertamente extra giudiziaria. Neppure l’Hadopi è così, perché prevede un costo per il segnalatore.

Aggiornamento, 11 novembre

Un veloce scambio tra Guido Scorza e il sottosegretario Legnini, protagonista di questo emblematico emendamento AgCom, sgombra il campo dai sospetti e sembra rimandare ad altri ambiti la questione regolamento sul diritto d’autore e poteri dell’Autorità garante. Alla precisa domanda dell’avvocato, Legnini ha specificato che nessun emendamento può essere introdotto nella Legge di Stabilità perché non si possono introdurre norme regolamentari.


A questo punto, sepolto il dubbio peggiore – cioè che si sia tentata una forzatura governativa – resta il fatto che l’autorithy è in procinto di varare il discusso regolamento e altresì valida la pressione di chi pensa che la competenza toccherebbe al Parlamento.

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