Su Bing i risultati consigliati da Facebook

Maggiore integrazione fra Bing e Facebook. Microsoft risponde al +1 di Google utilizzando dati che gli altri motori non hanno. Ma che dati sono?
Maggiore integrazione fra Bing e Facebook. Microsoft risponde al +1 di Google utilizzando dati che gli altri motori non hanno. Ma che dati sono?

Lo chiamano già “Facebing“, una chimera metà social network e metà motore di ricerca. Il frutto della sempre più stretta collaborazione tra Microsoft e Facebook sarà un Bing capace di dare risultati non solo generici, ma anche filtrati in base all’esperienza dei nostri amici sul social network.

Ne parla direttamente Stefan Weitz, direttore del motore di ricerca di Redmond, in un lungo post sul blog della community. Da ieri chiunque possieda entrambi gli account Bing e Facebook può metterli in comunicazione, integrarli in modo da organizzare la ricerca secondo il nuovo discrimine social.

L’eldorado ancora non raggiunto da Google (il cui “+1” è una risposta ancora tutta da vedere), sta dunque iniziando per Bing, il cui proprietario, Microsoft, sta rispondendo con colpi da KO all’ambiente della Silicon Valley, come nel caso dell’acquisto di Skype.

Tutta la logica della novità si basa sul cosiddetto “effetto amico“. Le statistiche e i sondaggi dimostrano come il 90 per cento delle persone chiede il parere di familiari e amici come parte del processo decisionale. Questo effetto è più forte del parere dell’esperto, perché le persone si sentono più sicure dentro una cerchia in cui rispecchiarsi.

Microsoft dispone anche di dati sull’esitazione, in secondi, che ha un utente prima di prendere una decisione (nel suo caso un click), nell’attesa di un tweet o di una email di un amico per saperne di più. Quello spazio vuole riempirlo e sostituirlo Bing.

Il funzionamento è semplice: cliccando “ristorante”, oppure “scuola guida” o qualunque altra cosa, l’utente potrà scoprire il parere dei suoi amici sul quel ristorante o su quella scuola guida, evidenziati nei risultati. Gli americani lo chiamano “trusted result“, che qui potremmo definire “risultati testati”.

E se non si ha un account sul social network, si potranno comunque vedere le preferenze della comunità del social network, non solo per ricerche su contenuti specifici, ma anche pagine Web, luoghi geografici e via dicendo.

Di fatto, Bing aggiunge un filtro social che utilizza dati che Google, impossibilitato a catturare i dati di Facebook, non ha. Ma la domanda è un’altra: e invece a Bing questo diritto chi lo conferisce?

Naturalmente è Facebook stesso, di cui Microsoft è azionista e partner e ha tutto l’interesse a colpire Google. Ma l’attenzione verte tutta, come sempre, sulla sensibilità di questi dati. Difatti, è necessaria l’approvazione dell’utente perché i suoi “mi piace” diventino materia per Bing.

Per velocizzare il processo, negli USA hanno creato una barra per il browser (qui non ancora disponibile), ma restano dati sensibili, che l’80 per cento degli account su Big F ha tenuto per sé senza cederli a Bing.

Insomma, l’idea è valida per i due partner, e forse anche per chi utilizza il motore di ricerca. Ma non è detto sia valida anche per tutti gli altri. E poi, un’altra questione: ma è davvero così importante il parere degli amici?

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