Perché Siri è ancora in beta?

Siri è un software ancora in beta, ma Apple lo sfrutta come se fosse una versione finale: le contraddizioni delle strategie targate Mela.
Siri è un software ancora in beta, ma Apple lo sfrutta come se fosse una versione finale: le contraddizioni delle strategie targate Mela.

Siri, l’assistente vocale di Apple per gli iPhone, gli iPad e gli iPod Touch di ultima generazione, è ancora un software in beta. Eppure la vocina metallica targata Mela è da quasi un biennio ben che rodata, con nuove funzioni che si aggiungono di giorno in giorno e la comprensione di gran parte delle lingue del globo. Perché, allora, Cupertino non la promuove a status definitivo?

A provare a dare una spiegazione ci pensa la redazione di Cult Of Mac, anche se si tratta più di critiche che di supposizioni sulle strategie Apple. L’azienda, infatti, utilizza Siri come software finale pur negandone lo status: non si tratterà di un comportamento contraddittorio?

Innanzitutto, va detto che Apple può lasciare Siri in beta per tutto il tempo che ritiene necessario, non essendoci vincoli in questo senso, soprattutto con gli sviluppatori. Dal punto di vista concettuale, Siri è una feature e non un prodotto. Un prodotto ancora in beta non può essere commercializzato, perché non ha ancora terminato la sua fase di test. Una funzione, invece, può essere certamente distribuita agli utilizzatori prima della sua versione finale e, di conseguenza, Apple godrebbe di un serio vantaggio a non definirne l’ufficialità così da intraprendere modifiche in corsa, aggiungere funzioni al volo o stravolgere del tutto il software. In altre parole, l’etichetta “beta” garantisce ad Apple un’enorme libertà creativa.

Vi sono però tre elementi che contrastano con la definizione di un programma in fase di test, tali da rendere del tutto inconsistente il prosieguo della strada della beta. Il primo è certamente App Store: Cupertino vieta ai developer di pubblicare software in beta sulle pagine del negozio virtuale targato Mela, ma si arroga il diritto di fare il contrario. In questo modo, verrebbe meno quel contratto di fiducia reciproca che lega la società ai suoi numerosissimi sviluppatori.

Il secondo elemento è, invece, la natura prettamente commerciale di Siri. Apple dall’assistente vocale guadagna milioni di dollari ogni anno e la feature è pubblicizzata implicitamente come software finale, così come gli spot con Zooey Deschanel, John Malkovich, Martin Scorsese e molti altri dimostrano. In tutti i materiali promozionali, Apple non fa esplicitamente riferimento alla beta, lascia che siano gli utenti ad accorgersi dell’etichetta. E un software che viene commercializzato e che porta all’azienda centinaia di migliaia di dollari l’anno, si scontra con la natura di test dello stesso.

Il terzo elemento è la durata di questa fase di test. Siri non nasce nel 2011 con l’arrivo su iPhone 4S. Siri nasce nel 2003, proprio in questi mesi entrerà nel suo decimo anno di sviluppo. Può un software rimanere in beta per due lustri?

In definitiva, Apple non sembra proprio voler rinunciare a quella grande libertà che l’etichetta arancione “beta” le garantisce, tanto che non si parla di ufficializzazione a breve. Peccato, però, che i fatti e l’utilizzo mettano in evidenza le contraddizioni di una simile strategia.

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