La SEC scagiona Apple: nulla di strano sulle tasse

La SEC statunitense scagiona Apple dalle accuse di evasione fiscale: non vi è nulla di illecito sulle strategie dell'azienda sulle tasse.
La SEC statunitense scagiona Apple dalle accuse di evasione fiscale: non vi è nulla di illecito sulle strategie dell'azienda sulle tasse.

Si sgonfia il caso che ha visto protagonista Apple di un’accesa polemica sui suoi capitali oltreoceano e sulla possibile evasione delle tasse statunitensi: le investigazioni della SEC, la Securities and Exchange Commission, non hanno rilevato nessun comportamento illecito da parte della società di Cupertino.

La questione era finita anche Senato degli Stati Uniti, con la convocazione di Tim Cook presso il Sottocomitato Permanente della camera a stelle a strisce. In quella occasione Apple è stata accusata di aver trovato «il Santo Graal dell’evasione fiscale», ma il CEO ha rigettato la questione rispondendo in modo fermo ai dubbi dei senatori:

«Paghiamo tutte le tasse a cui siamo tenuti. Ogni singolo dollaro. Non solo rispettiamo la legge, ma rispettiamo lo spirito delle leggi. Non dipendiamo da trucchi fiscali.»

Così come riporta AllThingsD, a seguito della completa documentazione resa disponibile da Cupertino al fisco a stelle e strisce, la SEC non ha rilevato nessuna infrazione per la mela morsicata. I capitali all’estero – si parla di 74 miliardi di dollari forse soggetti a evasione fiscale, così come sostenuto dalle accuse – sarebbero amministrati nel pieno rispetto delle normative degli Stati Uniti, quindi non vi è motivo né di proseguire le indagini né di incriminare formalmente Apple.

Un sospiro di sollievo per l’azienda, già impegnata negli ultimi mesi a spegnere la polemica con azioni specifiche per l’economia e l’opinione pubblica statunitense. Prima con l’apertura di un impianto di produzione USA al 100% – quello dove vengono fabbricati i nuovi Mac Pro dalla forma comica – poi con gli spot “Designed By Apple in California”, per rimarcare quale sia la mission del gruppo. Apple ne esce quindi pulita e la questione dei capitali esteri delle aziende oltreoceano passa quindi a livello governativo, ovvero alla necessita di una riforma fiscale che invogli le multinazionali a investire nei paesi d’origine anziché in altre nazioni dove godono di tassazioni meno ingenti.

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