Microsoft sfida Google e invoca l'antitrust

Microsoft ha depositato la propria denuncia presso la Commissione Europea contestando le pratiche anti-concorrenziali di Google.
Microsoft ha depositato la propria denuncia presso la Commissione Europea contestando le pratiche anti-concorrenziali di Google.

Microsoft ha comunicato di aver formalmente esposto alla Commissione Europea le proprie preoccupazioni circa il modo di operare sul mercato da parte di Google, chiedendo che l’antitrust possa occuparsi della questione. La denuncia depositata costringerà ora la Commissione a valutare preliminarmente quanto segnalato per valutare se si renda necessario un approfondimento della questione. La posta in gioco, inutile sottolinearlo, è altissima.

Microsoft è stata per anni nel mirino della Commissione Europea e Google in più casi non ha fatto mancare il proprio supporto alle parti denuncianti (in ballo v’erano le varie modalità con cui Microsoft traeva indebito lucro dalla propria posizione quasi-monopolistica sul mercato dei sistemi operativi grazie a Windows). Ora, per voce del Consigliere Generale Brad Smith, parte il contrattacco: se da una parte il gruppo offre i propri complimenti a Google «per la sua genuina innovazione», dall’altra esprime sconcerto per il modo in cui il team di Mountain View sta cercando di bloccare l’innovazione altrui e la creazione di alternative competitive.

Il terreno era stato peraltro preparato con estrema cautela. La Commissione Europea è stata allertata con ampio preavviso a seguito delle prime denunce di Foundem e Ciao (nomi entrambi ricollegabili al gruppo di Redmond) datate 2010. La Commissione ha iniziato fin da allora ad indagare sulle pratiche poste in essere dal gruppo di Mountain View, ma ora l’accusa si trova improvvisamente rafforzata dalle armi legali che la stessa Microsoft si dichiara pronta a mettere in campo direttamente.

I motivi della denuncia

Di qui il grande passo: «abbiamo deciso di unirci ad un ampio e crescente numero di compagnie che stanno segnalando le proprie preoccupazioni circa il mercato europeo della ricerca. La situazione contrasta con quella degli Stati Uniti, dove Microsoft serve circa un quarto delle ricerche direttamente tramite Bing oppure attraverso la partnership con Yahoo». Microsoft nota come negli Stati Uniti le autorità abbiano più volte tentato di fermare le pratiche monopolistiche di Google, senza tuttavia ottenere particolari risultati; in Europa la situazione sarebbe però ancor peggiore: «Ecco i motivi della nostra denuncia focalizzata su una serie di azioni che Google ha intrapreso per consolidare il proprio dominio sul mercato della ricerca online e del search advertising a danno dei consumatori europei».

Microsoft nota come Google abbia ripetutamente fatto notare come il consumatore ha libera possibilità di scelta di fronte ai motori di ricerca: gli è sufficiente digitare un altro indirizzo e portare altrove le proprie query, senza forzatura alcuna e senza alcun legame che vincoli la sua ricerca ai server del motore leader del mercato. Tuttavia, osserva Brad Smith, sono molti i modi in cui avviene la concorrenza tra motori e queste cose debbono ora venire a galla: «I motori sono in competizione per una indicizzazione del Web quanto più completa possibile, sono in competizione per guadagnare inserzionisti, sono in competizione per guadagnare distribuzione sui box di ricerca sui siti Web». Ognuna di queste aree è fonte di competizione, quindi l’analisi del solo comportamento da parte degli utenti non sembra poter essere sufficiente.

Ma la disamina Microsoft nei confronti della controparte va ulteriormente oltre, analizzando i casi singoli nei quali si tenta di dimostrare la malafede Google nel chiudere le opportunità del mercato ai vari concorrenti:

  • Motori e YouTube
    A partire dall’acquisizione di YouTube nel 2006 ed a seguito degli interventi tecnici successivi, Google avrebbe limitato l’accesso ai dati relativi ai video, il che impedirebbe ai motori concorrenti di indicizzare al meglio i contenuti del sito. Così facendo si offre un vantaggio competitivo alla ricerca su Google, vantaggio contro cui l’intera concorrenza non può agire in alcun modo;
  • YouTube e Windows Phone
    Sebbene Google abbia offerto ad Android la possibilità di utilizzare in modo approfondito YouTube, la stessa opportunità non è stata concessa ai Windows Phone. In conseguenza di ciò l’esperienza di navigazione sui device Microsoft è di minor qualità poiché non è consentito un accesso approfondito ai dati tale da aprire ad un browsing avanzato (ad esempio cercando i video per categoria, per votarli, per cercare i più votati, eccetera). Ecco perché l’app WP7 di YouTube è tanto povera: la colpa è da identificarsi nella chiusura Google e non nella scarsa qualità dello sviluppo Microsoft;
  • La chiusura sugli e-book
    Google ha tentato di far proprio l’accesso alle informazioni ottenute dai libri digitalizzati nelle biblioteche, ma la giustizia USA ha fermato tale operazione. La sentenza ha vietato a Google di operare con un accordo visto come anti-competitivo, ed ora Microsoft chiede che l’Unione Europea si allinei alla decisione USA e renda quindi il mercato più aperto e più competitivo di quanto non stesse cercando di fare Google;
  • Advertising
    Google non consente agli inserzionisti di accedere ai propri dati conservati sui server Google. Secondo Microsoft tali dati «appartengono agli inserzionisti» e per tal motivo dovrebbero tornare nelle mani dei legittimi titolari sebbene la cosa sia contrattualmente proibita dalla stessa Google. Secondo Microsoft tale chiusura sconsiglia agli inserzionisti la prova di campagne parallele presso servizi di advertising concorrenti, poiché il trasferimento si renderebbe troppo oneroso e pertanto poco praticabile. Così facendo Google trattiene a sé i clienti impedendo alla concorrenza di accedere al mercato e tutto ciò agendo in direzione contraria rispetto a quei principi di interoperabilità a cui Google ha fatto più volte riferimento nelle proprie comunicazioni;
  • Search box
    Google impone ai partner che ospitano la search box di Google sui propri siti Web un contratto di esclusiva tale per cui i partner medesimi non hanno la possibilità di ospitare altre search box sui propri spazi. Così facendo Microsoft si è trovata sbarrata la strada verso siti di grande importanza e non ha potuto liberamente offrire al pubblico quei servizi che sarebbe possibile offrire se si riuscisse almeno a proporre una search box con cui monetizzare il traffico raccolto;
  • Posizionamento
    Microsoft si unisce allo sconcerto di quanti ritengono discriminatorio il comportamento Google nel rendere più difficile la vita ai principali competitor nell’ottenere posizioni di primo piano nell’advertising sul motore. Microsoft avrebbe snocciolato nella propria disamina alla Commissione Europea vari casi a dimostrazione di quanto asserito.

Microsoft spiega di aver mosso per la prima volta le proprie pedine legali contro Google presso l’antitrust, ma di essere fermamente convinta per cui un passo del genere si renda ad oggi necessario. Brad Smith sottolinea come l’UE è alle porte di un forte balzo in avanti nell’e-commerce e che la Digital Agenda prevede in tal senso un contesto aperto e trasparente: Microsoft punta il dito contro le distorsioni del mondo della ricerca (lo strumento con cui si accedere ai beni ed ai servizi in Rete) e chiede che l’UE possa dare il proprio contributo affinché la concorrenza possa essere effettiva e libera.

[…]Google dovrebbe continuare ad avere la libertà di innovare. Ma non gli dovrebbe essere permesso di perseguire pratiche che impediscono ad altri di innovare e di offrire alternative competitive. Ecco perché stiamo facendo questo. Ed ecco perché speriamo che le autorità europee valutino la situazione e decidano di fermarla.

La madre di tutte le battaglie sta per cominciare. La palla passa a Google.

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