Edward Snowden: il ragazzo che ha svelato PRISM

Si chiama Edward Snowden, ha 29 anni ed ha collaborato per la CIA: è lui la fonte dei leak che hanno permesso di svelare al mondo il progetto PRISM.
Si chiama Edward Snowden, ha 29 anni ed ha collaborato per la CIA: è lui la fonte dei leak che hanno permesso di svelare al mondo il progetto PRISM.

29 anni, una casa Hawaii, una bella famiglia, una fidanzata ed un lavoro da 200 mila dollari all’anno. Un ragazzo che ha tutto da perdere ha messo a repentaglio le proprie certezze nel nome di un principio: il suo nome è Edward Snowden e dalle sue rivelazioni ha preso vita il più grave scandalo che avesse mai tirato in ballo la NSA statunitense. Le rilevazioni che in questi giorni hanno fatto emergere il sistema PRISM, infatti, giungono dalle parole del ragazzo. Il quale però non sembra volersi nascondere e, anzi, si dice pronto ad affrontare le conseguenze che dovrà pagare per le proprie azioni:

Sono disposto a sacrificare tutto quel che ho perché in buona coscienza non posso permettere che il Governo USA distrugga la privacy, la libertà di Internet e le libertà basilari per le persone in tutto il mondo con la macchina di sorveglianza massiva che stanno costruendo

Il ragazzo spiega di non aver mai voluto nascondere la propria identità ed ha pertanto chiesto a The Guardian di svelare il suo nome. Nonostante ciò, non intende ora essere al centro del caso poiché non intende eclissare i fatti con la sua persona e quel che sarà la sua vicenda privata d’ora innanzi: Edward Snowden si dice fermamente convinto di non aver fatto nulla di male e di aver agito a tutela di un diritto, adoperandosi al fine di tutelare dogmi che ritiene inattaccabili. La libertà ha mosso le sue azioni e la volontà di difendere questo principio sorregge ora la sua coscienza: ha posato gli occhi su documenti che ha considerato “un pericolo esistenziale per la democrazia” e non ha potuto far tacere la propria coscienza. Non vuole essere un eroe, ma soltanto la scintilla che incoraggi anche altri a muovere le proprie azioni sui medesimi principi: dalle sue parole ne è scaturito un incidente diplomatico di altissimo tenore, tale da tirare in ballo tutte le principali aziende USA attive sul Web e gli alti piani istituzionali degli organismi di sicurezza interni degli USA.

Edward Snowden avrebbe agito in facoltà di ex-collaboratore della CIA e di contractor quali la Booze Allen Hamilton: quest’ultimo gruppo conferma di aver avuto il ragazzo alle proprie dipendenze per tre mesi, ma prende le distanze dalle sue azioni e spiega di voler agire subito in collaborazione con le autorità per scaricare ogni responsabilità sulla persona in virtù della violazione degli ordini di segretezza firmati. Snowden sembra da questo punto di vista rassegnato: sa di aver messo a repentaglio la propria stessa vita e sa al tempo stesso di dover ora fare i conti con le autorità che dovranno punirlo al pari di Bradley Manning ed altri protagonisti dei grandi “leak” del passato.

Snowden spiega nell’intervista concessa a The Guardian (da cui ha origine quello che passerà alla storia come “Datagate“) di aver valutato con estrema attenzione tutti i documenti consegnati per la pubblicazione. Spiega inoltre di averne avuti a disposizione molti di più, ma di non averli divulgati poiché avrebbero potuto avere un impatto molto più elevato, causando però danni maggiori: l’intento dell’azione non è quello di far danni, ma soltanto di far trasparenza attorno ad un problema considerato serio ed urgente: rivelare PRISM, insomma, è frutto di una missione che il ragazzo ha abbracciato con indipendenza e con consapevolezza, conscio di creare caos, ma convinto della necessità di muovere la situazione prima che fosse troppo tardi.

The Guardian: «Cosa pensi ti succederà ora?»
Edward Snowden: «Niente di buono»

Gli occhi sono puntati ora su Barack Obama, il quale rimane giocoforza con il cerino in mano. Edward Snowden spiega di non averlo votato poiché proseguiva le politiche del suo predecessore, ma di aver comunque creduto nelle sue promesse. In Obama vede ora un forte imbarazzo poiché il Presidente deve difendere l’indifendibile al cospetto del mondo intero, e per questo motivo Snowden capisce le frasi di circostanza giunte in queste ore dalla Casa Bianca.

Le parole rivelate ai media giungono ora da Hong Kong, dove Edward Snowden si è rifugiato in cerca di tutela. D’ora innanzi sarà però nel mirino delle autorità: sa di non poter più contattare la famiglia (che non è stata precedentemente informata su quanto stava per accadere) e sa di dover fare i conti con un sistema molto più grande di lui. Ma sta affrontando la situazione in piena consapevolezza e con la ferma convinzione di aver agito nel giusto. Il che fa di Edward Snowden un immediato paladino con il quale gli Stati Uniti dovranno concertare il futuro della privacy e del rapporto tra istituzioni e Web.

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