L’UE chiede chiarezza a WhatsApp sulla gestione di dati, privacy, ecc

Unione Europea e WhatsApp ancora ai ferri corti per la questione raccolta dati e privacy dei cittadini europei: chiesti chiarimenti.
Unione Europea e WhatsApp ancora ai ferri corti per la questione raccolta dati e privacy dei cittadini europei: chiesti chiarimenti.

Continuano i problemi tra WhatsApp e l’Unione Europea. Da anni ormai è in corso una sorta di battaglia legale tra le due fazioni per la questione relativa al trattamento dei dati degli utenti e quindi sulla privacy di questi ultimi. Lo scorso settembre, ad esempio, l’azienda di proprietà di Meta venne multata di ben 225 milioni di euro per la violazione delle leggi sulla privacy dei dati dell’Unione Europea. Secondo l’accusa, l’applicazione di messaggistica non avrebbe assolto ai suoi obblighi di trasparenza per quanto riguarda la comunicazione agli utenti sull’utilizzo dei dati. La sanzione, che fa seguito a un’indagine avviata nel dicembre del 2018 relativa alla mancata applicazione degli standard richiesti dalle normative europee introdotte col Regolamento 2016/679 e relative integrazioni pubblicate nella GUUE del 23 maggio 2018, era inizialmente più bassa, ma è stata successivamente rivista al rialzo su richiesta degli enti regolatori europei. Ora l’UE torna alla carica e chiede ulteriore chiarezza a WhatsApp sulla gestione di dati e su altri elementi correlati privacy.

UE Vs WhatsApp: è ancora sfida sulla privacy

La Commissione europea ha annunciato di aver scritto a WhatsApp chiedendole di chiarire una volta per tutte le modifiche apportate l’anno scorso sull’informativa della privacy, e spiegare quindi bene come si è adoperata per rispettare le leggi sulla protezione dei dati dei consumatori europei. La richiesta fa seguito a una denuncia presentata lo scorso mese di  luglio da una serie di organizzazioni per la tutela dei consumatori con sede nell’UE che avevano segnalato la poca chiarezza della piattaforma sul tema, che non permetterebbe agli utenti di capire con precisione quali modifiche e quali novità sono costretti ad accettare per continuare ad usare WhatsApp.

Secondo l’accusa, i messaggi e l’informativa con cui WhatsApp avvisava dei cambiamenti gli utenti “sono poco chiari e intelligibili e devono essere valutati attentamente alla luce della disciplina in materia di privacy“, in quanto dai termini di servizio e dalla nuova informativa non era possibile evincere quali fossero le modifiche introdotte, né comprendere chiaramente quali trattamenti di dati erano in concreto effettuati dal servizio di messaggistica.

Inoltre le modalità per la acquisizione del consenso da parte degli utenti alla comunicazione dei dati, le misure per garantire l’esercizio dei diritti riconosciuti dalla normativa europea sulla privacy, e il diritto di opposizione sembravano poter essere esercitati in un arco di tempo limitato. Di fatto, si sarebbe così generata ansia e confusione tra gli utenti, impedendo loro di avere una possibilità di scelta e tutte le necessarie informazioni onde evitare una gestione eccessivamente libera dei dati personali da parte dell’azienda.

Commissione Europea

Commissione Europea

La denuncia dei gruppi di consumatori dell’UE sull’aggiornamento delle politiche di WhatsApp, presentata alla Commissione europea e alla rete regionale delle autorità nazionali per i consumatori, sostiene quindi che le azioni dell’azienda violavano la direttiva dell’UE sulle pratiche commerciali sleali. Una tesi accolta dalla Commissione e dalla rete europea delle autorità nazionali dei consumatori (CPC) che stanno appunto aprendo un “dialogo ufficiale” con WhatsApp sulla sua conformità alla legge UE sulla protezione dei consumatori. La piattaforma ha tempo fino al 28 febbraio per rispondere, ma nel frattempo un suo portavoce si è affrettato a precisare che l’app non mostra più le notifiche relative all’Informativa sulla privacy e all’aggiornamento dei Termini di servizio e che comunque questi, per gli utenti dell’UE,  non servivano ad accettare la politica sulla privacy in quanto era solo “un avviso di trasparenza”.

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