Tutte le mappe di Google

C'è un grande fermento intorno alle applicazioni e ai servizi di localizzazione geografica. La società di Mountain View al centro della ribalta.
C'è un grande fermento intorno alle applicazioni e ai servizi di localizzazione geografica. La società di Mountain View al centro della ribalta.

Mappe, dovunque, in tutte le forme immaginabili. Un argomento più che
mai ‘caldo’, che vede Google come protagonista, anche se è tutto
sommato errato parlare di ‘rivoluzione’. L’elaborazione elettronica di dati geografici
o delle rilevazioni satellitari non è certo nata con Google
Maps. Lasciando da parte le applicazioni professionali, non va dimenticato
che da anni, in ambito consumer, si è affermata una categoria di
prodotti in grado di soddisfare le esigenze più sofisticate, si parli di
navigazione satellitare o di software per il tracciamento dei percorsi stradali.
In rete, portali dedicati come MapQuest
o Yahoo! Maps, servizi come
TerraServer, si sono affermati
nel tempo come punti di riferimento assoluti. Eppure è difficile non avvertire
in queste settimane questa sensazione di fermento, di svolta, intorno alle mappe
e ai servizi di localizzazione. Perchè?

Una prima risposta la possiamo rintracciare nel keynote di apertura di Where
2.0, la conferenza dedicata alle tecnologie di localizzazione organizzata
da O’Reilly. Il fondatore della celebre casa editrice, Tim O’Reilly, ha
messo in evidenza un aspetto cruciale. Mai come ora, ha affermato, lo sviluppo
di servizi e applicazioni in questo ambito particolare vede come protagonisti
soggetti non provenienti da un settore ultraspecialistico come quello legato al
mondo GIS. La verà novità, insomma, è che, grazie all’opera
di questi nuovi protagonisti, il grande pubblico può avere accesso alle
potenzialità del software geografico senza dover affrontare la complessità
dei prodotti ‘professionali’. I dati prima disponibili a pochi diventano dunque
una sorta di commodity e si crea un vero e proprio scenario di ‘democratizzazione’
del sapere.

C’è anche un fattore più squisitamente tecnico, legato alla progettazione.
Prendiamo Google Maps. Cosa lo rende migliore di altri servizi analoghi? A detta
di tutti è l’interfaccia. A parità di fattori come la precisione
e il livello di dettaglio delle informazioni, è la consultazione della
mappa che risulta enormemente più semplice. Quello spostamento da una zona
all’altra ottenuto con una banalissima operazione di trascinamento, la possibilità
di zoomare senza dover attendere il refresh della pagina, sono tutti aspetti destinati
a cambiare per sempre la fruizione di mappe con un browser (non che Google abbia
inventato il sistema: una prima implementazione di questa modalità di navigazione
è infatti quella rintracciabile su un misconosciuto sito
con la cartografia della Svizzera).

Tutto però ha un costo. Quello collegato alla distribuzione gratuita
di un servizio come Google Maps, per esempio, è elevatissimo. A Mountain
View hanno finora dimostrato di saper individuare giusti modelli di business e
fonti di ricavo per le proprie applicazioni. Non dubitiamo che così avverrà
per le mappe. Il problema però rimane. A fornire a Google e ad altre società
concorrenti i dati cartografici è un’azienda americana, Navteq.
Parlando a Where 2.0, il vice-presidente Robert Denaro ha parlato di costi
“terribilmente alti” per la raccolta delle informazioni, costi che vengono
automaticamente scaricati sui clienti. Denaro ha messo in luce tutte le difficoltà
insite nella realizzazione di mappe precise e dettagliate, un’operazione che non
può essere svolta con il solo ausilio di strumenti di rilevazione sofisiticati,
ma che deve spesso affidarsi all’utilizzo di personale dell’azienda inviato in
ricognizione sul terreno, alla scoperta, magari, di un cancello posto in fondo
ad un vicolo che ostruisce il passaggio e che non è stato visto dall’alto.

Quello che molti sperano è che il problema dei costi non finisca per
influenzare il circolo virtuoso innescato da un’altra mossa azzeccata della società
di Mountain View. Non appena reso disponibile, Google Maps è stato sfruttato
da tanti sviluppatori indipendenti per la creazione di un numero incredibile di
applicazioni. A Mountain View gli sforzi di questi geek sono stati incoraggiati
sin dall’inizio e l’annuncio della pubblicazione delle Google
Maps API ha rappresentato la conferma di questa strategia di apertura. Oggi,
chiunque voglia può usare i dati cartografici di Google per costruire nuovi
servizi e senza dover ‘pagare’ per farlo. Durerà? Vedremo. Intanto i lanci
di nuove applicazioni si susseguono con cadenza quasi quotidiana. Molti degli
esempi dimostrano quanto sia semplice ed efficace usare un approccio basato sull’incrocio
di dati provenienti da diversi servizi. HousingMaps
per gli annunci immobiliari. Cheap
Gas per reperire i distributori di benzina più convenienti. ChicagoCrime
per visualizzare le zone della città a più alta frequenza di fatti
delittuosi. Floridasexualpredators.com mostra invece la localizzazione dei sorvegliati speciali per molestie sessuali
dello stato americano. Tutto molto interessante. E siamo appena agli inizi. Non
rimane che sperare nell’estensione del servizio al nostro paese.

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