La caccia ai siti pirata serve a qualcosa?

La caccia ai siti pirata è onerosa e per molti versi inutile allo scopo: il traffico pirata sa rigenerarsi nel giro di poche settimane.
La caccia ai siti pirata è onerosa e per molti versi inutile allo scopo: il traffico pirata sa rigenerarsi nel giro di poche settimane.

Una ricerca Social Science Research Network, denominata “Online Copyright Enforcement, Consumer Behavior, and Market Structure” (pdf), ha reso pubblico quel che da tempo viene suggerito da più parti: la caccia ai siti pirata non ha effetti di lungo periodo, ma soltanto temporanei risultati nell’immediato. La ricerca, sviluppata in seno alla Commissione europea, va però interpretata nel modo corretto, poiché la conclusione per cui la lotta alla pirateria tramite la caccia ai siti pirata potrebbe essere affrettata e non aderente ad una realtà ben più complessa.

La ricerca parte dal monitoraggio del fenomeno pirata ai tempi della chiusura del portale Kino.to. I dati della fase antecedente alla chiusura e i dati relativi alla chiusura del sito stesso, infatti, evidenziano il sicuro successo immediato riscontrato dagli inquirenti: per alcune ore lo scambio di materiale pirata globale crollò del 50%, arrivando così a pesare l’incidenza di quello che era in quel momento uno dei siti di riferimento per reperire materiale video illegale. Il trend arrivò però ad invertirsi nel giro di appena 2 settimane: come in un processo di riadattamento continuo, l’utente che cerca materiale pirata ha imparato a trovare nuovi riferimenti ed ha spostato altrove le proprie ricerche. Così facendo, il flusso pirata globale è tornato nel giro di pochissime settimane alla situazione antecedente all’operazione Kino.to.

Andamento del traffico pirata alla chiusura di Kino.to

Andamento del traffico pirata alla chiusura di Kino.to

La grande reattività del mondo pirata è dato per molti versi dalla molteplicità di siti di link esistente online, che funge in qualche modo da collante per l’intero sistema. Gli dona una certa organicità e capacità di autoadattamento. L’utenza, infatti, tende ad arrivare al contenuto passando per una ricerca e per siti contenenti non direttamente il materiale, ma semplici link. Questo layer intermedio consente di reindirizzare facilmente l’utenza qualora avvenga la chiusura di un sito: nel giro di poco tempo il traffico è spostato altrove e la corsa tra guardia e ladri può pertanto nuovamente cominciare da capo.

Ciò rende la lotta alla pirateria non soltanto onerosa, ma anche per molti versi inutile: perché continuare a chiudere siti se poi il meccanismo di riadattamento ne fa nascere altri spostando soltanto nel tempo il ritorno a regime dei flussi pirati? Un mero calcolo di opportunità potrebbe sconsigliare tale ostruzionismo poiché gli oneri superano di gran lunga i benefici ottenibili dai detentori delle proprietà intellettuali depredate. Tuttavia c’è un ragionamento ulteriore da completare.

Oltre la lotta alla pirateria

La chiusura di un sito pirata è anzitutto un messaggio: una sfida lanciata al malaffare, anzitutto, ma anche un momento pedagogico per l’utenza che viene addestrata così a comprendere cosa sia bene e cosa sia male. L’assenza di questo tipo di messaggi darebbe campo libero ai pirati, consentendo l’attecchire di un’idea per cui tutto è libero, tutto è gratuito e tutto è disponibile.

V’è inoltre il ragionamento inverso: se lo sforzo delle forze dell’ordine è importante, importante è anche lo sforzo che devono fare i pirati per cercare nuovi server, spostare il materiale, celare le proprie tracce e continuare nel proprio giro illegale. L’ostruzionismo apportato al malaffare è fondamentale per evitare un proliferare eccessivo di pirati, reazione necessaria per creare un qualche ostacolo al mercato dell’illegalità. Anche in questo caso si tratta quantomeno di un messaggio, portatore di un significato fondamentale: c’è una linea che divide la legalità dall’illegalità e questo confine va ribadito e certificato ogni singolo giorno.

Infine v’è la concretezza di un mercato che cambia, che rende l’offerta sempre più appetibile e la facilità di reperimento di un contenuto a costi ragionevoli come nuova discriminante di successo. Lo streaming musicale inizia a drenare risultati grazie alla lotta ai siti pirata affiancata dall’insorgere di nuove offerte e nuovi modelli di business. Nel mondo dei video la strada è la medesima: l’arrivo di Netflix e similari potrà avvenire soltanto in parallelo ad una lotta serrata contro i maggiori hub della pirateria online, così che l’inseguimento del contenuto gratuito possa farsi difficoltosa e non appetibile.

L’obiettivo non deve essere quello di annichilire la pirateria, ma quello di riportarla ad essere fenomeno minoritario e non di massa. Il fine va perseguito su più fronti: il mercato ha capito che deve cambiare forma se non vuole perdere la partita e le autorità faranno la loro parte per fare in modo che gli investimenti profusi nella giusta direzione non vengano sterilizzati dal download illecito.

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