Ricerche Web e religione: questioni morali o censura?

L’immagine visibile qui sopra è relativa alla ricerca, senza risultati, ottenuta scrivendo il termine “pornography” su I’mHalal, “io sono lecito” in lingua araba. Il search engine in questione è solo uno dei tanti che hanno fatto di recente il loro debutto sul Web, nel tentativo di tenere i fedeli delle più svariate religioni lontani da tentazioni e strumenti di peccato. L’obiettivo comune è quello di fornire ai navigatori una lettura della realtà filtrata dagli insegnamenti dei rispettivi testi sacri, siano essi la Bibbia, il Corano oppure la Torah.

Sappiamo che gli utenti di imhalal.com non sono soltanto musulmani e, almeno una volta a settimana, riceviamo email da fedeli di altre religioni che si congratulano per i nostri criteri di ricerca più sicuri e che permettono ai loro figli di navigare tranquillamente, senza il rischio di incappare in contenuti offensivi.

Queste le parole dell’ideatore di I’mHalal, un 21enne residente in Kuwait che ha dichiarato come il servizio venga utilizzato da cittadini di tutto il mondo: dal Pakistan all’Indonesia, dalla Malesia agli Emirati Arabi Uniti, per arrivare agli USA.

Shea Houdmann, fondatore di SeekFind, definisce invece lo strumento come un’occasione per conoscere il punto di vista della Bibbia, da un’ottica prettamente evangelistica. Per la comunità ebraica è invece attivo Jewogle, che nel nome e nel layout strizza l’occhio al ben più celebre motore di Mountain View.

Utili filtri per la tutela da contenuti potenzialmente offensivi e non adatti ad alcune fasce d’età oppure strumenti di censura mascherati da pretesti religiosi?

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