Secure-K, lo smart work in una chiavetta

Gli strumenti di smart working utili anche al giornalismo: provare una key drive crittografata è come sentirsi Jason Bourne.
Gli strumenti di smart working utili anche al giornalismo: provare una key drive crittografata è come sentirsi Jason Bourne.

In tutti gli spy movie e le serie tv con di mezzo le indagini della scientifica c’è sempre una scena dove qualcuno inserisce al volo una chiavetta in un portatile e poi all’ultimo secondo la estrae con destrezza, liberando il campo nella tranquilla consapevolezza che nessuno saprà mai di quell’ingresso. Soltanto nei film? Nient’affatto. Questa tecnologia di tipo militare si appresta a inondare le aziende che fanno smart working e a catturare l’attenzione anche dei liberi professionisti che vogliono massima sicurezza dei propri dati. Per esempio i giornalisti.

Secure-K esce dal suo tubo in eco plastica e si capisce subito che non si tratta di una semplice pen drive: più lunga e più robusta, con un tastierino numerico su un lato, è un dispositivo usb con una doppia cifratura AES 256 bit per l’hardware e AES 5 12 bit per i software. Al suo interno c’è un sistema operativo originale, le applicazioni, le cartelle cloud dove mettere i dati. La startup italo-londinese Mon-K l’ha creata e messa sul mercato convinta che poter sfruttare qualsiasi pc esistente, anche obsoleto, sia la premessa di quel “lavoro agile”di cui tanto si parla, ma ancora non sembra svilupparsi come potrebbe nel nostro paese.

Una drive usb con un os interno: da qualche anno si vedono in giro, ideate perché l’utente possa concentrarsi esclusivamente sulle parti davvero importanti per il lavoro, cioè dati e informazioni, lasciando in secondo piano la potenza computazionale della macchina. Anzi, talvolta la macchina stessa. Ora la tecnologia è arrivata alla maturazione, si capisce quando tutto diventa semplice: inserire in una porta usb la chiavetta, digitare il codice pin (da 8 a 15 cifre), fare partire il software: con questi tre passi ci si trova davanti il desk del proprio ordine mentale e della propria attività. In qualunque posto ci si trovi.

Una penna abbinata al cloud? Potrebbe anche somigliare. Anche quei portatili con sistemi operativi cloud senza hard disk. Ma nessuna di queste combinazioni dà la crittografia forte che è il cuore dell’oggetto. Un sistema razionalizzato per il mondo business e che nel 2017 cercherà finanziatori in crowdfunding per sviluppare una rete, fare branding, marketing, realizzare una Secure-K per il mercato consumer con un modello di vendita prevalentemente online, e anche lavorare a una versione per liberi professionisti (l’attuale si rivolge ai dipendenti di grandi aziende) che cerchino cybersecurity.

Test divertente

Testare la chiavetta è stato decisamente divertente. Il desktop riprende l’estetica pulita di un mac, l’utente ha in sostanza due opzioni: aprire proprie cartelle fisicamente presenti sulla memoria (quattro tagli: 8GB, 16GB, 32GB e 64GB) oppure quelle già preordinate sul cloud secondo i criteri dell’azienda. In entrambi in casi non potrebbero essere più al sicuro: ad essere crittografata è la chiavetta stessa e poi, sul cloud, la trasmissione dei dati su DigitalArx In un qualunque scenario di disastro o di problema, questa tecnologia “senza computer e senza dischi fissi” concede al dipendente o consulente autorizzato ad accedere e operare flessibilità e libertà in quella che viene definita business continuity.

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Il desktop visualizzato quando si fa partire il computer con inserita la chiavetta (e codice digitato): c’è una suita di applicazioni principali, ovviamente open source, per la scrittura, editing di immagini, navigazione e diversi altri tool. In fondo a sinistra, una rosa di tre applicazioni, mail, navigazione e comunicazione, basata su Tor, per alzare ulteriormente il livello di privacy.

Il non lasciare impronte è forse una commodity “di lusso” per lo smartworking, ma diventa essenziale in un contesto informativo complicato. Ecco perché la società sta pensando a una versione giornalistica della usb-drive (che forse presenterà con un proprio workshop al Festival di Perugia). Evitando qualsiasi interazione con il computer sul quale si lavora, esenti da intercettazioni, virus, con un bouchet di strumenti dai servizi in real-time di comunicazione quali instant messaging, telefonia IP, videoconferenze e per quanto riguarda navigazione e posta elettronica potendo contare anche sull’opzione Tor, si comprende bene che una chiavetta del genere è il sogno di chi non vuole finire nei guai per il proprio lavoro di informatore-comunicatore, contando sul fatto che il proprio computer non diventi un oggetto che possa rallentare la propria attività o addirittura rappresentare un problema in caso lo rubino.

Il dispositivo è perciò comodo per il manager presso il business center di un hotel nel corso di una trasferta, il consulente nel salotto di casa mentre le strade sono bloccate dalla neve, ma pure al giornalista in un Internet caffè di un luogo caldo del pianeta. Difficile prevedere quanto si diffonderanno, il mercato è abbastanza saturo di prodotti, effettivamente però mancava una chiavetta “ossessionata” dalla sicurezza, una piccola cassaforte con dentro un sistema operativo completo e non soltanto memoria fisica.

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Con Flavia Gazzano (marketing e comunicazione) e Daniele Tieghi (Cto, product manager), i due co-founder di Mon-K, abbiamo provato la loro Secure-K. Per ora si tratta di un dispositivo per aziende (costo: 199 euro), piuttosto raffinato, ma l’idea di trasformare ogni computer nel proprio prenderà piede. Siamo pur sempre nell’era dello sharing.

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