Google e Twitter: come seguire la rivoluzione in Libia

Nuove idee, sempre più social, permettono ai rivoltosi del mondo arabo di tenersi in contatto e denunciare le violenze dei regimi. Anche in Libia.
Nuove idee, sempre più social, permettono ai rivoltosi del mondo arabo di tenersi in contatto e denunciare le violenze dei regimi. Anche in Libia.

Se in Egitto un ruolo fondamentale nelle rivolte l’ha avuto Facebook, tanto che stanno nascendo dei bambini con questo nome, se in Tunisia e Iran i video postati su YouTube sono stati importanti per denunciare le violenze, il caso libico sembra avere molto a che fare con una originale integrazione fra ambienti 2.0, in particolare Google e Twitter.

Nel paese del colonnello Gheddafi, Internet è stato prima spento e poi riacceso, nessuno ha notizie precise su quanto sta accadendo, tanto che molti giornalisti stanno monitorando il Web per concentrare la propria attenzione sullo spostamento della rivolta (ormai sempre più vicina a una vera rivoluzione) verso Tripoli.

Un esempio? Basta geo-taggare Twitter cercando i termini Tripoli e Libia nei dintorni della capitale. Così facendo è possibile seguire in tempo reale le vicende drammatiche di questo paese, l’ennesimo paese arabo in fiamme.

Un’esplosione, purtroppo dalle conseguenze violente, una rivolta popolare che si scontra con le polizie di questi regimi. Un altro strumento eccezionale, anche per fare memoria di tutto questo prima che venga seppellito da nuovi poteri, è la mappa delle violenze create creata su Google Maps da un utente Twitter.

Questa mappa è una geniale fusione delle caratteristiche di Google Maps: attraverso i tweet e le fonti di prima mano raccolte sul Web si creano eventi legati al luogo con la maggior precisione geografica possibile.

Ogni fonte viene citata e linkata, inoltre ci sono collegamenti a video, report esterni, si possono vedere i luoghi dove opera la polizia, i movimenti dei manifestanti, le interruzioni di corrente elettrica, il numero di decessi. Un clic su ciascuna icona mostra più dati, persino gli strumenti di dissuasione della polizia: dalle cariche alle munizioni.

Uno strumento molto potente, che dimostra le possibilità concesse ai giovani rivoltosi nell’era dei social network. Ma resta una contraddizione: queste pagine saranno visitate e tenute sotto controllo anche dal regime? E ne otterranno informazioni utili anche a loro? La caccia del gatto col topo è diventata tecnologica, ma risponde sempre alle stesse logiche.

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