La keynote di Tim Cook col senno del poi

La keynote di Tim Cook del 4 ottobre scorso va riletta col senno del poi. Perché in quelle ore il top management Apple era al capezzale di Steve Jobs.
La keynote di Tim Cook del 4 ottobre scorso va riletta col senno del poi. Perché in quelle ore il top management Apple era al capezzale di Steve Jobs.

Occorre fare un passo indietro. Bisogna tornare a quel 4 ottobre 2011, quando il mondo aspettava l’iPhone 5 e guardava con curiosità a Tim Cook, neo-CEO del gruppo Apple. Bisogna rileggere quel giorno col senno del poi, perché solo ora lo si può capire compiutamente. Solo ora lo si può riscrivere col senno del poi.

Poche ore dopo la keynote di Tim Cook, infatti, Steve Jobs sarebbe deceduto. Quel che si viene a sapere ora è che il top management Apple ben sapeva quel che stava per accadere e che già nei giorni precedenti aveva avvisato le forze dell’ordine del fatto che di lì a breve ci sarebbe stata una situazione di lutto generale da gestire sia di fronte alla sede del campus di Cupertino, sia di fronte all’abitazione dello stesso Jobs. Apple sapeva, ma era comunque presente al proprio impegno. Ora, però, quel giorno va reinterpretato perché la chiave di lettura è del tutto differente.

Il lato umano, in questo caso, ha probabilmente avuto un ruolo fondamentale perché nulla come la morte può metter da parte qualsiasi interesse lasciando riaffiorare qualcosa di più profondo. Ecco perché, ad esempio, la keynote dedicata all’iPhone 4S è stata celebrata a Cupertino invece che a San Francisco: non per avere una location di minor caratura, non per motivi organizzativi, ma piuttosto probabilmente per rimanere vicino alla sede nelle ore in cui la notizia del decesso era attesa.

La poltrona vuota in prima fila e l’assenza di Jonathan Ive (collaboratore di lungo corso di Jobs e co-protagonista dei suoi maggiori successi) sembravano dirla lunga, ma l’attenzione era sul palcoscenico, sul CEO, su Tim Cook. L’erede.

Nelle ore successive al keynote trapelava un senso di disagio. Per Tim Cook, perché la sua figura era inevitabilmente interpretata all’ombra del suo predecessore; per l’iPhone 4S, perché l’attesa dell’iPhone 5 aveva creato attese disilluse; per la keynote in sé, passata più a snocciolare numeri e successi che non a spiegare quali novità fossero all’orizzonte. Ma ora tutto è più chiaro.

Non sapremo mai se l’iPhone 5 era pronto o meno: quel che sappiamo è che la strategia è stata plasmata anche sulla base di quel che stava per accadere e dunque, sicuramente senza rivoluzioni dell’ultimo minuto, i contenuti della keynote sono stati pensati alla luce di informazioni che il pubblico non aveva.  E se Tim Cook è parso più freddo del solito, non giudicabile nel nuovo ruolo ricoperto, ora occorrerà apprezzarne il coraggio nel momento in cui si è presentato di fronte al pubblico con un pensiero fisso in mente ed il dovere di celarlo dietro numeri e grafici.

Col senno del poi, della prima keynote di Tim Cook da CEO del gruppo Apple rimarranno l’immagine della poltroncina vuota di Steve Jobs e la capacità del gruppo di far quadrato attorno al proprio guru. Poche ore più tardi, infatti, il lutto scendeva nelle sale della presentazione e l’iPhone 4S diventava soltanto un anello di congiunzione tra il passato ed il futuro. Tra il prima e il poi.

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