Google Pixel 2 XL Taimen sarà prodotto da LG?

La seconda generazione di Pixel potrebbe essere composta da un device dalle dimensioni simili a quelle di uno smartphone e da un modello molto più grande.
La seconda generazione di Pixel potrebbe essere composta da un device dalle dimensioni simili a quelle di uno smartphone e da un modello molto più grande.

La prima generazione degli smartphone Google Pixel non è ancora ufficialmente arrivata in tutti i territori (in Italia nemmeno l’ombra, se non tramite import), ma già da tempo si parla degli eredi. Le indiscrezioni circolate di recente fanno riferimento addirittura a tre modelli, identificati con i nomi in codice Walleye, Muskie e Taimen (tre pesci).

Walleye sarà di fatto il successore del Pixel da 5 pollici, mentre Muskie avrebbe dovuto rimpiazzare il modello XL da 5,5 pollici. Ancora più grande Taimen, un vero e proprio phablet. Nuovi rumor comparsi in Rete vorrebbero l’edizione intermedia fuori dai piani di bigG. Si prospetta dunque uno scenario in cui ci saranno un Pixel 2 da 5 pollici e un Pixel XL 2 con diagonale dello schermo compresa tra 5,5 e 6 pollici. Il comparto hardware dovrebbe invece includere un processore Qualcomm Snapdragon 835 e 4 GB of RAM in modo da garantire una buona potenza di calcolo, mentre il sistema operativo sarà ovviamente Android O. Trattandosi di voci di corridoio, vanno prese con le pinze. A riportarle è la redazione del sito Android Police, che racconta di aver ricevuto la soffiata da una fonte ritenuta attendibile.

Un’altra ipotesi è quella che vorrebbe LG impegnata nella produzione di quest’ultimo dispositivo (Taimen, il più grande). Il gruppo sudcoreano ha già collaborato più volte in passato con Google per la realizzazione dei suoi smartphone: tra i modelli nati dalla partnership figurano anche i Nexus 5 e Nexus 5X, quest’ultimo purtroppo affetto da un grave problema di bootload che ha complicato la vita di numerosi utenti. I Pixel attualmente in commercio sono stati curati da HTC, ma l’azienda californiana avrebbe voluto inizialmente affidare l’incarico a Huawei, che non ha però accettato per via dell’obbligo di non inserire il proprio logo sulla scocca dei dispositivi, una limitazione ritenuta troppo stringente dalla società cinese.

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